IL MANIFESTO del 13 Dicembre 2006
Padova suona jazz
Le maglie meticce di Blake Tartare
Alessio Surian
Padova
Esiste uno sfondo integratore musicale capace di tenere insieme Jimmy Cliff, Fela Kuti, i canti dei pigmei, echi del sud-est asiatico e Duke Ellington? Non abbiate fretta di rispondere e, soprattutto, non fatelo prima di aver prestato orecchio al Blake Tartare, il quartetto che unisce l'energia e la versatilit` della giovane sezione ritmica danese trascinata dalle tastiere di Soeren Kjaergaard con le composizioni di Michael Blake e le sperimentazioni del suo tenore, gi` protagoniste con Lounge Lizards, Knitting Factory e Jazz Composer Collective. Se il contrabbasso di Jonas Westergaard rimane in qualsiasi contesto una bussola sicura, i muscoli e lo humour contagioso di Kersten Osgood alla batteria non permettono di dare per scontata neppure una nota. H una tentazione cui Enrico Rava, nel concerto di chiusura del festival +Padova suona Jazz;, non ha voluto sottrarsi, inventando nuovi riff, scambi con Blake, lasciando che i pistoni rilasciassero il lato piy lirico e dinamico della sua personale narrativa: una conversazione che il Blake Tartare ha accolto e rilanciato con entusiasmo mingusiano e linee di tenore memori di Booker Ervin.
Non si h trattato di una magia sonora isolata in una settimana ricca di quattordici concerti distribuiti fra sedi diverse in cui hanno dialogato almeno tre anime: le formazioni in trio, le ance, gli arrangiamenti cameristici. Quest'ultimo aspetto h frutto anche della collaborazione con il locale conservatorio di musica +Pollini; che ha messo a disposizione l'auditorium e l'Orchestra d'Archi, formazione che, nel concerto di apertura, Bruno Tommaso ha preso per mano e fatto incontrare con la Royal Big Band per interpretare tre sue composizioni centrate su melodie popolari: West Wind, Vento del Sud e Vento del Nord. L'articolata ed energetica gestualit` permette a Tommaso di imprimere, come direttore, subitanee accelerazioni e cambi di ritmo, terreno ideale per i lucidi soli di Marcello Tonolo. Altro sax soprano in evidenza h stato quello di Roberto Ottaviano, alla guida di un quartetto d'archi con Parrini, Botti, Majore e Maier che l'asseconda senza sbavature in un viaggio immaginario sulle coste del Mediterraneo e in un sentito omaggio a Lacy (+responsabile della mia conversione a questo tubo sonoro;), A Straight Silence. Dichiaratamente cameristico h anche il Chamber Trio di Giorgio Gaslini in cui l'intesa con il contrabbasso di Roberto Bonati e la batteria di Roberto Dani h tale da vedere spesso le indicazioni del leader anticipate dalla sezione ritmica, a conferma dell'affermazione del pianista: +scrivo sempre su misura per i musicisti con cui suono;, si tratti dell'arrangiamento di composizioni ispirate a paesi africani come Africa Libera, della piy astratta Suite Gestualica, o di originali accostamenti come quello fra la Sicilienne di Fauri e Light my Fire dei Doors.
Cuore del festival sono state le serate che hanno registrato il tutto esaurito al Teatro Verdi per il quartetto di Ornette Coleman e il quintetto di Dave Holland. Il gioco contrappuntistico e armolodico con il sax (ma anche con tromba e violino) di Coleman h ben assecondato dai riff accordali e dalle linee del contrabbasso di Tony Falanga e del basso elettrico di Al MacDowell, incalzati dalla verve percussiva di Denardo Coleman all'interno di un repertorio che sa pescare fra brani recenti e lontani, fino allo struggente bis Lonely Woman. Decisamente centrato sul presente e sui convincenti brani del nuovo cd Critical Mass, il set del quintetto di Holland, con il pianista Jason Moran a sostituire Steve Nelson, gi` protagonista proprio al Verdi di una precedente edizione del festival. The Eyes Have It e Easy Did It aprono il concerto proprio come il disco, ma dal vivo h il trombone di Robin Eubanks a prendere per primo la parola, lasciando poi al sax del collega la rabbia, la tristezza, ma anche una nota di speranza di chi rivede oggi New Orleans.
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